6.    I suoi pilastri e l’identità sessuale

 

Il  termine «identità», senza l’aggiunta di alcun aggettivo che la qualifichi, viene usato da Freud (1926) una sola volta e con il significato di «costruzione psichica» comune al disperso, e da molti disprezzato, popolo ebraico. Freud peraltro sottolinea come proprio alla sua identità di ebreo dovesse la propria libertà intellettuale e l’immunità dai pregiudizi che limitavano gli «altri».

Il  concetto di identità sessuale, che comprende il genere, il ruolo di genere, la mèta verso cui si dirige la pulsione sessuale e il ruolo sociale di genere, caratterizzerà, a partire dal 1968, le complesse differenze tra i due sessi. L’identità sessuale in questo suo multifattoriale aspetto può essere metaforicamente paragonata ad un edificio la cui costruzione inizia dal momento del concepimento, raggiunge, dopo l’infanzia e l’adolescenza, il suo «piano» più importante, quello denominato «maturità», all’interno del quale sarà possibile la generatività e, in dipendenza dalla lunghezza della vita, potrà costruire ancora i piani della senescenza e della vecchiaia.

La base su cui l’edificio si costruisce è costituita dall’identità di genere biologica che si forma durante il periodo di vita intrauterina, attraverso l’interazione fra fattori biologici fetali e fattori psicoendocrini materni. I pilastri che reggeranno il primo piano, quello dell’infanzia, differenti per ciascun sesso, sono caratterizzati da ruoli che definiscono il sesso secondo stereotipi correnti (il ruolo di genere) e da comportamenti finalizzati ad entrare in relazione «corretta» con gli adulti e con il sesso opposto. Durante il primo periodo di vita la sessualità è indifferenziata.

L’identità sessuale del bambino, sia esso maschio che femmina, è solo quella anatomica e anagrafica, il suo ruolo è quello di essere bambino e basta, anche se i comportamenti dei genitori nei suoi riguardi variano in dipendenza del sesso e condizionano in un certo senso le attitudini future.

È soltanto a partire dalla pubertà che i pilastri sessuali «specifici» si vanno definendo permettendo l’interiorizzazione dell’identità di genere e l’accettazione intrapsichica della stessa. Anche se in questo periodo verrà già delineata, sarà nell’adolescenza che verrà compresa la mèta verso la quale sarà indirizzato il desiderio sessuale.

Va ricordato che la fase preparatoria al raggiungimento di una identità sessuale «certa», è quella autoerotica masturbatoria. Questa inizia generalmente con la pubertà ed ha un significato diverso per ciascuno dei due sessi. Per il maschio la masturbazione è a servizio dell’identità sessuale, segnale biologico precursore della stessa in quanto rassicura sulla «funzione sessuale», cioè sulla possibilità di poter attuare, all’occasione, un rapporto sessuale che richiederà erezione e penetrazione e che, nel momento dell’eiaculazione, permetterà la fecondazione.

Il piacere è presente durante tutto il processo ma è più intenso al momento dell’eiaculazione che coincide con l’orgasmo, quindi biologicamente assicurato. Nonostante l’importanza della masturbazione nello sviluppo psicosessuale maschile, questa è stata, negli anni passati, fortemente penalizzata dalla medicina e dalla Chiesa ritenuta un comportamento potenzialmente nocivo alla salute e intrinsecamente negativo dal punto di vista morale.

Per la ragazza la masturbazione è al servizio del solo piacere, doppiamente quindi condannabile moralmente. Non va dimenticato che viviamo in una cultura all’interno della quale il piacere, ed il piacere sessuale in particolare, è stato considerato fino ai giorni nostri «peccato mortale».

La donna, inoltre, è stata (o forse ancora per molti lo è) vissuta come la «tentatrice», colei che ha indotto l’uomo al peccato originale. La masturbazione deve essere invece considerata un comportamento che, per il maschio, ha due significati: precursore e compensativo di un piacere che non gli viene né dalle relazioni né dall’investimento sulle proprie capacità. Per la femmina ha il solo significato compensativo permette, infatti, quando ogni strada relazionale soddisfacente viene preclusa, di provare in modo autoerotico un piacere che rassicura sulla propria sopravvivenza.

Il segnale biologico, «precursore» dell' identità sessualità femminile, quello su cui verrà costruito il pilastro del ruolo materno, quello che per millenni ha caratterizzato la donna è rappresentato dal menarca. La mestruazione comunica alla donna la possibilità di essere madre. E un segnale ciclico, involontario, appartenente al patrimonio genetico, è quindi in questo senso un segnale forte che, tuttavia, per la sua componente psicologica può diventare un distress.

L’identità sessuale maschile, che sarà confermata dall’attuazione del rapporto sessuale, possibile quindi solo a maturazione ormonale avvenuta, ha quale «segnale precursore» biologico la polluzione notturna.

Questa non rappresenta un segnale ciclico, ma permette al ragazzo di sperimentare l’eiaculazione che sarà indispensabile alla procreazione (la paternità biologica). La paternità biologica tuttavia non rappresenta nel mondo odierno il pilastro principale dell’identità sessuale maschile. Questo ha le

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